Giornata macchiata.


Passeggio con il vento fra i capelli,
e pensieri tra le dita.
Ci giocherello per un po’,
poi li getto nel cestino.
La città è grigia come il cielo che la sovrasta.
Gente distratta in un mattino qualunque.
Sì, è mezzogiorno, di niente, prego.
Turisti carichi come somari cercano un mezzo per partire,
navi colme di carne umana si riversano
su un porto che puzza d’umido.
Odore di calamari fritti e gas di scarico,
gente sudata e paonazza,
tassisti in fila mi chiedono se ho bisogno.
No, non di un taxi.
Persone dimenticate curve sulla loro vecchiaia,
trascinano le vecchie scarpe sul vecchio pavè,
pensando ai vecchi tempi,
e invecchiando.
Gelato carpigiani, cioccolato che mi si scioglie in mano,
e la cialda si fa umida.
Quanto odio doverlo mangiare in fretta,
questa città è calda, soffocante.
Una goccia cade, lenta, inesorabile.
Sulla polo.
Si spande e lascia la sua traccia probabilmente indelebile.
Macchia maledetta.
E tu che guardi?
Ti fa ridere, vero.
Non c’è niente da ridere.
Proprio niente.

Arte sconosciuta? Sfigata!


Il post di ieri ha scatenato qualche polemica:
sono stato accusato di sminuire il valore
letterario dei blog e la valenza dei relativi scrittori.
Non voglio ulteriormente polemizzare,
ma un pensiero mi preme nel cervello.
Cosa intendiamo per arte, cosa è artistico?
La mia definizione è:
un qualcosa che suscita sentimenti
e che resiste al logorio del tempo.
Sia esso un quadro, una poesia,
una scultura.
Poi qualcuno obietta:
ma anche una canzone, un’Opera, un ballo moderno.
E ancora:
un gol di Riva o Maradona,
una poltrona Frau,
una casa di Lloyd Wright.
L’arte è soggettiva.
l’arte diventa immortale quando è popolare.
Che poi diventi tale,per l’intervento di
Maurizio Costanzo
o il critico letteraio stroncaopere
in cui in Italia abbondiamo,
non importa.
Io non volevo stroncare nessuna velleità artistica,
ma ergendomi forse impropriamente a critico della domenica,
mi sono permesso di far rilevare che la maggior parte
delle cose che leggo non suscitano in me emozioni.
Parlo di quelli che hanno presunzioni letterarie-artistiche,
non i diari di bordo o pseudo giornalistici.
Per qualcuno provo tenerezza per l’ingenuità,
per altri semplicemente:
Nulla.
Arte vuol dire emozione.
Bè, spesso ne trovo più nei diari scritti bene
che nei componimenti costruiti male.

Aspiranti poeti e scrittori cercasi.


Scrivo per divertimento, per diletto,
per essere letto.
Per confronto.
Ma tanti bloggers scrivono perchè si credono scrittori,
poeti, cantastorie.
E ne sono convinti, fino in fondo.
Bene, la fantasia sicuramente in alcuni di loro non manca,
ma da qui a credere di essere baciati dalla dea letteratura
ce ne passa.
Delirio di onnipotenza di alcuni,
poesie patetiche e ridicole di altri,
scritti che possono andare bene per le toilette,
racconti ai confini della realtà da quanto rasentano l’assurdo.
E alcuni scrivono di essere in crisi creativa(!).
Mah.
Democrazia, ognuno è libero di fare, scrivere,
pensare e comunicare quello che vuole.
Ma, per carità,
smettetela di sentirvi novelli Hemingway,
Pennac, Dante o Leopardi.
Solo essendo se stessi,
forse,
qualcuno di voi potrà diventarlo.
Ma sarà qualcosa di diverso.
Di sicuro io non ho le capacità,
ne sono conscio,
ed è per questo che mi diverto un mondo
a saltellare qua e là con la mia scrittura infantile,
le mie rime ridicole e senza nessuna velleità.
Ridono loro di me stesso.
Ma se non basta,
posso farlo anch’io.
In qualunque momento.

Estate: ricreazione dell’anno.


E’ arrivato anche quest’anno il periodo del riposo,
dell’ozio, del rilassamento.
Gente che parte, gente che resta,
code in autostrada, al mare,
al bar, in pizzeria.
Le spiagge deserte sono un ricordo della primavera assolata,
le orme sulla spiaggia sono migliaia,
il rumore è quello dei bagnanti in cerca di sfogo,
di mille sport praticati a piedi nudi,
di notti umide al chiaro di luna coltivando
amori come frutta di stagione: un morso e via.
La stagione del disimpegno del cervello:
è la ricreazione dell’anno,
dei libri da leggere,
del cibo per il cervello,
del pianificare il futuro,
del vivere un sogno o
quantomeno immaginarselo.
Delle isole deserte e delle montagne da conquistare,
delle immersioni negli abissi,
o nelle vette alte e ghiacciate.
Abbiamo bisogno dell’estate,
della vita lenta, cadenzata del nostro ritmo naturale,
non del corri corri generale,
del rincorrere un traguardo che spostiamo noi sempre più lontano.
Se non riusciamo a rallentare la nostra vita,
rallentiamo quello che ci sta intorno:
forse capiremo meglio noi stessi.