Dobbiamo vivere per i nostri hobby.


Suicidio, gesto estremo,
inspiegabile per gente come me,
che spesso giudica con unità di misura diversa,
e che alla vita ci rimane attaccato a tutti i costi.
Due persone a Cagliari negli ultimi due giorni:
depressione.
Gente perbene, e benestanti,
famiglia, relazioni sociali: tutto perfetto.
Ma perfetto, evidentemente, non è.
Mi chiedo il perchè.
E forse la risposta è:
stiamo vivendo, in un mondo senza senso,
spinti verso professioni, stili di vita,
consumi che non ci appartengono.
Viviamo vite non nostre,
ma ritagliate sulla nostra pelle da altri.
Chiedete cos’è la felicità,
e troverete le risposte più varie.
La più comune sarà avere più tempo libero,
per pensare, e coltivare gli hobby.
Prima si facevano lavori che appassionavano,
che “erano” l’hobby.
Adesso si lavora per guadagnare,
per comprare, per essere visibili,
per essere accettati.
E il circolo del’insoddisfazione
prende al collo i più deboli,
e li fa finire in un buco
da cui è difficile uscire.
La depressione è vivere da burattini.
Accettiamo noi stessi
per quello che desideriamo veramente,
e il mondo ci sembrerà il posto migliore
dove vivere.

Ascolto il mare, e forse ho capito.


Periodo di riflessione sudata,
tra vini fruttati e ghiacciati
e arrosti di pesce profumati.
La mia vita scorre tra gite marittime,
guardando la vita che mi scorre intorno,
sotto e sopra.
Città antiche e problemi moderni
trovo godimento nella lettura e nella musica,
oziando con buona lena.
E osservo e catalogo,
mettendo da parte
per i tempi statici,
quando il cervello avrà il tempo di capire
quello che il mondo mi sta donando.
Il mare mi sta dicendo qualcosa:
adesso ascolto,
e prima o poi,
capirò.