Caldo spalmato, come crema bollente.

Il caldo mi si spalma addosso
come crema bollente,
le viuzze di Marina
mi strozzano i pensieri,
e ne esco soffocato.
La gente vive ammincata,
per mancanza d’aria,
e abbondanza d’umido.
Frulla uno stormo di gabbiani sul porto,
sospesi da un filo d’aria,
e uno invisibile.
Cagliari ha il trucco sfatto:
indolente e sorniona,
città di confine africana.
Una sferzata di maestrale
mi ricorda chi sono,
e quello che avrei voluto essere.
Quando cresci intorno a una città,
questa ti si restringe,
fino a diventare piccola,
insignificante.
Prendere una direzione,
oltr il mare,
oltre il mondo,
oltre me stesso.
L’insoddisfazione è palpabile,
mi si spalma addosso,
come crema bollente.

Grazie Zola.(ma non è morto!)


Un grande uomo sa quando
è arrivato il momento.
Perchè un campione straordinario
nasce da un uomo straordinario.
Perchè l’esempio che hai dato ai piccoli calciatori,
vale più di mille parole.
I tuoi ricami, il tuo sguardo,
il tuo sorriso da sardo,
il tuo essere umile in un mondo di apparenze,
saggio a 39 anni come neanche
spesso riescono ad esserlo a 70,
misurato non solo nei passaggi,
solare anche in un’isola fredda e piovosa,
alla mano come solo i campioni sanno essere.
Perchè sei stato fortunato,
quando il Dio del pallone è passato da Oliena
e ti ha rovesciato addosso la sua benedizione,
ma sei stato testardo a difenderla in un mondo diverso,
lontano, difficile.
E in un mondo di imbrogli,
tu sei immacolato.
In un mondo di futilità,
tu eri sostanza.
In un mondo di imbellettati,
eri bellezza pura.
Dentro e fuori,
e anche intorno.
Grazie,
Zola.

Otto milioni di nullafacenti.


Questi siamo,
secondo gli ultimi dati.
8 milioni su 56,
di blogger.
Di gente che cerca un senso,
anche se un senso non ce l’ha.
Perchè la quantità di varia umanità presente
è enorme, sproporzionata, preoccupante.
Accomunati da un’unica vocazione:
l’uso della parola scritta,
orfani di un mondo reale realistico,
del dibattito e del dubbio,
del potersi esprimere senza preconcetti.
Otto milioni,
di poeti e scrittori,
di scribacchini e muratori della parola,
di intelletto al kilo,
di retorica al metro cubo,
di dibattiti al milligrammo.
Esisto, in quanto lettere e numeri,
bit & byte di corrente,
come carne & ossa di sangue,
creano dal Dio Windows (per chi ci crede),
una Bibbia di personaggi.
Un para-mondo.
Diverso, forse anche migliore.
E’ questo il nostro futuro?
Vivere in rete,
con pochi riferimenti reali,
uscendo sempre meno,
conoscendo più mentalmente
che carnalmente.
Una vita senza problemi,
se non mentali.

Riferimenti: In primo piano il responsabile di Tiscali.

Sto per trasformarmi in Paperinik.


Arriva un giorno in cui la tua pazienza raggiunge il ciglio,
e sgocciola fuori da bordo,
e la diga si rompe di schianto.
Come il mite Paperino, sfigato e bonaccione, represso e insoddisfatto,
sto per scoppiare ed esondare nella vita.
Il mondo non è fatto per gente mite,
e forse è arrivato il momento di smettere
di farsi mettere i piedi in testa.
Di sorridere per cortesia posticcia
quando vorresti dare un pugno in faccia.
Di abbozzare
quando vorresti sgozzare.
Di lasciar correre
quando vorresti uccidere.
Perchè siamo finiti così?
Eravamo nel paradiso,
ci hanno cacciato,
ora preferiamo l’inferno.
Perchè è più divertente.
Perchè l’uomo è collezionista di sensazioni,
e non vuole la pace dei sensi,
ma la guerra dei mondi.
Non vuole la felicità degli altri,
ma la soddisfazione del suo ego.
Io esisto,
io sono Dio.
O il Diavolo.

L’Italia vive oltre le sue possibilità.


Mangiamo di meno
per cambiarci il telefonino,
per il plasma e la macchina a rate.
Mettiamo le rate, mutui prestiti
per permetterci una vita all’altezza,
di cosa poi non si sa.
Siamo in competizione con gli altri,
dalle elementari con zaini e diari alla moda,
all’università con scarpe, occhiali, viaggi,
al mondo del lavoro con macchine, barche appartamenti.
Mio nonno comprava quello
che si poteva permettere:
carne due volte la settimana,
dolci una volta,
vestiti due volte l’anno.
Viaggi per gli anniversari.
E regalini per i nipotini.
Oggi tutti devono avere tutto:
senza elettronica non si vive,
senza l’ultimo modello siamo perduti.
Ci hanno insegnato fin da piccoli
che comprare e possedere è
lo scopo
della vita.
Bisogna guadagnare per spendere,
su beni di consumo da vita breve,
per una soddisfazione breve.
E noi, da bravi fessi, tutti in coda
ai supermercati delle scemenze,
ai discount dell’ovvietà,
accumuliamo cose inutili,
di cui ci stanchiamo dopo due giorni.
E adesso è arrivato il giorno:
siamo poveri del superfluo.
Non possiamo permetterci il superfluo,
e quindi siamo poveri.
Forse dovremmo fare una bella lista
di cosa ci è necessario
e di cosa possiamo fare a meno.
Io inizio:
mi è necessaria la fantasia.
mi è superflua questa nazione inutile,
di gente di un certo livello:
infimo.

Siamo già nel futuro.


Le nuove mappe di Google
permettono di vedere tutto.
E’ la parola fine della privacy,
in un mondo che in nome della sicurezza
ci ha già rinunciato da un pezzo.
Tra telefonini con fotocamere,
videocamere di sorveglianza,
carte di credito e
connessioni internet tracciabili,
tutti possono sapere di tutto.
Quando non trovo una cosa,
google è diventato il modo più veloce
per trovarla.
Nomi e cognomi, fatti, cose, città lettere e testamenti.
E’ la parte più fastidiosa del progresso,
perchè è impossibile vivere anonimi,
o almeno un po’ per i cazzi propri.
Stiamo rivoltando il globo come un calzino,
dobbiamo conoscere, catalogare, inventariare.
Stiamo diventando i contabili del pianeta,
ragionieri un po’ miopi,
seduti sulla nostra scrivania,
crediamo di dominare il mondo.
Stiamo avvicinandoci sempre più ai finali
dei film di fantascienza:
robot, conoscenza controllata.
Inquietante.

siparietto.Italia (ovvero affondare con charme)


Scorre un’altra settimana
e gli impegni li impilo
come i libri da leggere.
La nostra italiaetta si è svegliata più povera.
e il nostro aitante bello.Berlusconi si vanta da playboy.
Il prode.Prodi si fa solo le primarie
mentre rutto.Rutelli tenta di dire cose intelligenti
pescando parole a caso da vocabolario.
Caldo.Calderoli non ci tenta neanche,
di dire cose intelligenti,
e spara un discorso sulla castrazione:
il premier si guarda intorno circospetto.
Monte.montezemolo lancia strali sull’economia fuori strada,
e organizza un pit-stop con gomme giapponesi,
of course (di corsa).
bono.Bonolis si riposa in Costa,
con quello che costa,
in compagnia di costa.Costantino:
inflazione smeraldina.
sventura.Ventura non è andata a votare
ma madrina del sì:
una divorziata?
sventata.Vento ha il seno piccolo,
ma non ci pensa:
è il cervello il problema.
ilare.Ilary ride al matrimonio,
tonto.Totti ride al matrimonio:
i fessi sono loro o noi?.
Arriva l’estate, il caldo, le code in autostrada:
ovvietà a profusione,
l’estate più calda degli ultimi cento anni,
bevete molto,
non prendete il sole nelle ore più calde.
Tanto qui, sul titanic.Italia,
ci si diverte un mondo.

ma

Invece

Foschia e Saudade.


La foschia del mattino
rende tutto più bello,
sfuma i contorni,
riscalda l’aria
come dopo una doccia.
Intorpidisce il mondo,
e Cagliari si risveglia,
piano, piano.
Questo mare è parte di me:
spesso per lavoro vago
da un estremo all’altro dell’isola,
ma quando rientro a Cagliari
sono nel ventre caldo e materno.
Cosa ci lega così profondamente
al luogo di nascita?
Cosa ci rende tristi e infelici
quando ci allontaniamo?
Scienziati importanti ci spiegano teorie sull’universo,
ma non spiegano la saudade.
E Cagliari si sveglia,
piano piano.
Con i rumori del traffico,
i signori incravattati pronti per la banca o il tribunale,
le ragazze chinate sui libri
che ripassano qualche traccia del tema di maturità,
vecchi a passeggio con il cane,
bar affollati di colazioni e sorrisi.
E monumenti salati e cadenti,
e palazzi di vetro
chiese troppo vuote
e autobus troppo pieni.
Tutto sfumato,
tutto molto bello.

Non sono io che sto male, è il mondo che non capisce.


Non sono io che sto male,
è il mondo che non capisce.
Non capisce che sta andando
nella direzione sbagliata,
verso una meta inutile.
Non capisce che la vita
è sacra quasi quanto la morte.
Che è meglio saper coltivare un orto,
che saper configurare un server:
le patate sono meglio dei chips.
Che il petrolio fa girare il mondo,
ma comunque gira in tondo, per sempre.
Che i valori su cui si fonda la nostra società,
sono vincolati: in banca e tasso agevolato.
Che le donne sono diventate un oggetto:
gonfiabili, a buon mercato e riciclabili.
Che gli uomini sono diventati
una smart con della carne dentro.
Che le città aggregano le persone,
oltre che lo smog e le cagate dei cani.
Che il cielo è sempre più blu,
per il cobalto e le scorie radioattive.
Che la musica è tanta, infinita,
e le orecchie solo due.
Che gli artisti sono come funghi,
e i funghi come gli uomini:
buoni o velenosi.
Che forse il medioevo era meglio:
In medio stat virtus, d’altronde.
Che l’africa è nera,
non per la pelle degli abitanti,
ma per la miseria.
Che il comusicmo è morto,
il fascismo è morto,
e la democrazia fa la prostituta.
Che le religioni predicano di amare un Dio,
amare gli uomini, amare la natura:
Mi sembrano cosiderazioni amare.
Che il sesso è il motore del mondo,
e miolioni di speramtozoi chiedono il voto.
Che forse siamo animali sopravvalutati.
Che forse il mondo è alla rovescia,
e io sto camminando sulle nuvole.

Sono un codardo?


Amo sentire il basso che lavora su fianchi,
che si agita dentro le costole,
che si fa spazio negli anfratti del mio cuore,
e scivola insieme al sangue.
Sono stato male per quelle parole (-codardo-),
non perchè le hai dette:
perchè la carne non ragiona, vibra, come un basso.
Questione di frequenze, di assonanze,
discordanze.
Perchè scrivo nascosto da un nick?
Forse perchè queste cose
non le potrei dire
nella vita di tutti i giorni.
Mancanza di coraggio,
Giorgi?
Forse sì.
O magari mi sento realmente
me stesso qua dietro,
non nel mio lavoro,
nel mio claudicante incedere
nella vita impacchettata di tutti i giorni.
Suono una musica che forse non è la mia,
con strumenti che suono per abitudine.
Chi sono, io?
Che ci faccio qua dietro?
Aspetto comodo una risposta:
non ho fretta,
ho una vita davanti
e una di dietro.
In bilico tra due vite,
dovrò scegliere.
Mai sentito così male.
Sensazione di aver imboccato il bivio sbagliato,
in una strada pericolosa,
senza segnaletica:
perso.