Tempo perso.


Ribollire di gente vacua,
schiuma per le strade,
intruppata in vasche di pietra
verso la fogna della vita.
Agghindati orribilmente dal dio D&G,
vedono la vita attraverso i grandi occhi
Christian Dior,
uomini mascherati e donne invisibili,
manichini meschini.
Guru sfioriti della vita moderna,
sacerdoti della bellezza eterna,
parlano per far sentire l’alito mentolato,
e, ogni tanto, per dire qualcosa di sensato.
Bronzee e lucide pelli
trofei di giornate lucertolate,
fisici forgiati da tempo e sudate,
ore e giornate perdute per sembrare belli.
Libri piangenti su librerie impolverate,
soffrono solitudine e abbandono,
sconfitti da riviste patinate,
Costanzo De Filippi e Abbatantuono.
Tutto è importante per l’esperienza,
anche cose futili e insensate,
ma andare dietro a griffe e mode a oltranza,
mi sembra perder tempo in minchiate.

Collezionisti di ricordi.


Rientro nella vita normale
come un ingranaggio nel motore,
oliato dalle ferie e dal riposo,
fresco di tagliando,
pronto per l?anno nuovo.
L?estate è ancora presente con la sua calura
e la confusione,
ma i primi barlumi di autunno si fanno avanti
minacciosi come temporali all?orizzonte.
Genitori che scelgono zaini e quadernetti,
trincee nelle strade,
clackson che strombazzano nervosamente,
file ai semafori, nei supermercati, dal benzinaio,
all?edicola per comprare enciclopedie
che non leggeremo mai.
Nervosismo.
Sorrisi che lentamente si spengono
lasciando il posto a digrignamenti
e malumori.
Tutti frenetici e contenti di riprendere
il proprio posto nell?alveare,
ricordare e rimpiangere
l?estate ormai finita.
Costumi riposti e golfini pronti all?uso,
non possiamo più andare al mare
e chiediamo che arrivi presto il brutto tempo.
Perché viviamo più felici
se abbiamo dei bei momenti
da ricordare.
Collezionisti di ricordi,
di emozioni e sensazioni,
da centellinare e tirar fuori
per i momenti tristi.

Voyeur impenitente.


Sono quasi quattro mesi che scrivo in questo blog.
E’ arrivato il momento delle ferie,
quelle vere, dove ti alzi la mattina solo se ne hai voglia,
e la vita assume un unico significato: libertà.
Libertà di essere se stessi, di non dovere, ma fare, per piacere.
Questo tempo è stato produttivo,
dai primi entusiasmi iniziali,
le prime delusioni, le incazzature,
le conoscenze, i confronti.
Ritengo di avere maturato una buona esperienza.
Mi ha fatto bene.
Scrivere ogni giorno è esercizio spirituale prima che grammaticale.
Allenamento per i cervello,
ginnastica attiva neuronale,
footing cerebrale,
ricreazione mentale.
Tanti gli argomenti, le mie provocazioni,
i miei pensieri e frustrazioni,
allegrie e tristezze.
E’ un microcosmo curioso,
una simcity dove esistono personaggi famosi,
loschi e tenebrosi individui,
viscidi anonimi delatori.
E cordiali vicini, che spesso visito per
piacere, pechè non ho nulla da fare, per svago.
E per pensare.
Poi ti accorgi che esistono anche gli asili, i licei, l’università.
E si passa da argomenti da “Cioè” e “Eva3000” a Micromega, saggi sull’esistenzialismo e filosofia varia.
E un minestrone dove chiunque può mischiare ingredienti,
e chiunque può sentirsi importante.
Quando quel contatore gira, tutti si sentono contenti.
Perchè la nostra società è fatta così: dobbiamo quantificare tutto.
Anche il gradimento o il successo.
Ma una cosa non riusciremo a quantificarla:
il piacere di cazzeggiare da Elenoir,
di seguire la vicenda umana e i ragionamenti di Mauro come in un grande fratello scritto,
di sognare con la fantasia di Jana,
volare con le poesie di Oceanomare,
trovare un uomo sensibile da ammirare con Su Maistru,
conoscere e poi perdere un animo bello e difficile come Alewitt,
scoprire tardi ma non troppo isterica e Bakis,
conversare con il bucolico Blog-U,
provare umana tristezza per un Giomba che se ne va
perchè la sua vita qui era troppo difficile,
vedere l’amore tra lelecri,
e i senzaterra come Robertina e Antioco,
e una infinità di gente che io,
come un voyeur impenitente
osservo dal buco e non commento,
soddisfatto del mio vizio.
Tutti mi hanno dato qualcosa.
Ed io credo che, in fondo,
a scrivere siano buoni tutti:
è dire cose intelligenti che è difficile.
Tremendamente difficile.

Assente.


Vecchio, con le rughe intorno agli occhi,
mi guardi inespressivo.
Non ridi, non piangi:
un’espressione assente.
Il caldo ti bagna i pochi capelli sulla fronte,
e il tuo vestito ha una macchia bagnata sul petto.
Ma non ti lamenti, non dici nulla.
Hai quell’espressione.
La gente intorno si accalca per passare prima degli altri:
che bel Paese l’Italia,
dove anche in un Pronto Soccorso
non c’è rispetto per la sofferenza.
Gente nervosa, ferita, zoppicante, dolorante.
Bambini che piagnucolano sommessamente,
vecchi fratturati nel loro dignitoso silenzio,
donne gravide che soffrono digrignandi i denti.
Le ambulanze portano una via crucis di disgrazie.
Angeli senza ali e senza la presunzione di tanti dottori,
fanno il loro dovere,
e non vogliono essere ricordati come eroi,
non vogliono luci e telecamere.
Vogliono solo aiutare esseri umani in un semplice modo:
con l?essere umani.
Due disgraziati usciti di senno se le danno di santa ragione.
Uno ha il naso spaccato, ma è fortunato, in fondo:
è nel posto giusto.
E tu stai lì,
ad osservare senza capire,
senza esserne toccato.
Fuori dalla realtà.
Ma se questa è la realtà,
forse stai meglio così.

Assente.

Pontificatori professionisti di stronzate.


Persone fastidiose.
Quelle che ti dicono:”tu non puoi capire”.
E chi cazzo sei tu per dirmelo, Gesù Cristo o Einstein?
Oppure, “ma l’hai letto Kierkegaard, no?, allora non puoi capire”.
Filosofi da quattro soldi,
manigoldi travestiti da personaggi colti,
siete la Banda Bassotti.
Solo un po’ più bassotti.
Chi siete voi per giudicarmi,
cosa sapete di me,
della mia vita,
di
CHI
sono?
Cosa sapete se non altro che la codifica digitale dei miei pensieri,
che potrebbero essere solo fantasie,
provocazioni, elucubrazione, follie?
Pontificatori professionisti di stronzate,
buffoni scadenti,
qualunquisti generalisti
qualche volta un po’ fascisti,
anzi comunisti,
anzi tr-isti.
Sentenziare è la regola.
Oppure dire coglionate.
Non esiste via di mezzo.
Egoismo, egocentrismo, rampantismo.
E dall’altra nanismo, zerbinismo, demenza tremens.
Di cosa voglio parlare, vi starete chiedendo?
Me.
Blog per me vuol dire libertà di cazzeggio,
ricreazione letterale tra le pause della vita.
Cervello portato a pisciare per la passeggiata quotidiana:
senza guinzaglio e senza museruola.
E senza padrone.
Blog non esiste.
Blog è fantasia,
ogni tanto mista a realtà.
Non farò in modo che diventi la mia realtà.

Perfezione autunno – inverno.


Vigilia delle ferie,
sensazione da sabato del villaggio.
La terra bagnata sa di buono,
il profumo dell’elicriso si spande intorno.
Nuvole grige e nere sovrastano la testa, incombenti.
Gli uccelli sono meno rumorosi del solito, oggi.
La campagna è mezzo allagata,
ma gli ulivi ringraziano.
I fichi polverosi si brillano lucenti
e passerà del tempo prima di assaporare
il loro gustoso frutto ancora verde brillante.
Sa di autunno, questa giornata estiva.
Di temperature sopportabili,
di serate con il maglione in cotone
e ultimi pranzi all’aperto.
La pelle si ritrae infreddolita
da una raffica di vento umido.
Arriva lei, mi stringe da dietro.
Mi abbraccia, teneramente.
E trovo che tutto sia perfetto.
Io, il mondo, la mia vita.

The Great Swell 1974.


“……….la gigantesca mareggiata della primavera del 1974
……….da dove verrà il vento?
……….dicono che sia il respiro di Dio
………chi dà veramente forma alle nuvole?
………..cosa è che causa questo gigantesco turbamento di masse d’acqua?
………dove ha origine?
……..questo era il gran giorno
…….l’avevamo aspettato tanto……..”

Inutile letterale.


Stanzetta calda, ma il pinguino
oltre a farmi compagnia
mi raffredda la stanza.
Fedele assieme a Vento ventilatore,
amico delle ventiquattrore.
Compongo baggianate con contorno di patate,
fritte e innaffiate,
di birra chiara e fresca,
anche se è poca e non ne resta,
per aver domani l?ichnusa
dovrò rinnovare la cambusa.
Solo senza compagna, ho bisogno di sfogarmi.
Urlerò in silenzio, per non disturbare.
Vicini troppo vicini, ma chi sono poi?
Devi rispettare.
Leggi, usi e costumi,
troppo castigati per i miei gusti.
Voglio girare nudo tra le leggi,
e trovare il buonsenso della ragione.
Attiro cariche elettriche di idiozie culturali,
assillo la ragione con concetti sensoriali,
che alla fine trovo: banali.
Moto troppo potenti
scardinano i timpani dei residenti,
macchine incolonnate
clacksonano l?estate.
Anche l?umido si stanca di tanta confusione,
esausto si riposa sul balcone.
Squilla il cellulare,
è il solito rompiscatole serale,
lo liquido con una battuta sul caldo
e vacagare.
Liriche sgorgano dalla fonte della mia ghiandola pituitaria,
prendono vita e mi abbandonano, pargoli irriconoscenti.
Ecco, li ho allevati in grembo e questo è il vostro ringraziamento, eh?
Martello nel cervello,
Billie canta triste la sua vita disgraziata
e le sono vicino.
Ha bisogno di me forse quanto
io ho bisogno di lei.
Delirio musicale,
misto cerebrale
e demenza corporale:
Inutile letterale.

Gorgo quotidiano.


Maledetta umidità.
Notte da sudario, e risveglio da ambulatorio.
Aria immobile, ventilatore che, stancamente,
rotola su se stesso, infinitamente.
Mi alzo e lavo via le angosce della notte,
per lasciare spazio a quelle del giorno.
Un caffè e mezza minerale, grazie.
La solita graziosa ragazza sorride al mondo pagante,
e dispensa la sua simpatia tutto compreso:
un euro e 20, arrivederci.
La macchina sfreccia veloce sul lungomare,
guardo distrattamente fenicotteri immobili impalati nell’acqua,
immobile anch’essa.
E’ uno spettacolo, ma oggi ho bisogno d’altro.
L’ufficio mi accoglie con le sue vetrate
vista mare.
Il porto è lento, ozioso.
Stanco.
Una barca a vela, lentamente, entra e attende con le vele molli.
Persone di chissà quale nazione,
o il mio vicino di casa.
Stevie Wonder mi sussurra canzoni seventies
mentre piano piano mi calo nella quotidianità.
Come in un gorgo.
Il gorgo quotidiano.